In questa newsletter, un approfondimento sui repair café: cosa sono, come funzionano e perchè ne abbiamo bisogno. E poi, economia circolare ed ecodesign. Buona lettura!
Se si cerca la voce “repair café” su Wikipedia, non esiste la pagina in italiano: sintomo (o sinonimo) che il fenomeno non è ancora così diffuso nè tanto meno così conosciuto nello Stivale.
Si pensi che i repair café tra Pavia e Roma si possono contare sul palmo di 2 mani - nè più nè meno.
“I Repair Café sono posti fisici in cui le persone condividono le proprie competenze per aiutare altre persone nel riparare i propri prodotti, come i dispositivi elettrici e meccanici, computer, biciclette, vestiti e molte altre categorie di oggetti.” (Sfridoo)
Nascono nel 2009 in Olanda dall’iniziativa di una mamma, dopo la nascita del suo secondo figlio: lei è Martine Postma, di professione giornalista. Martine si rende conto di quanti oggetti vengano buttati via e scartati nonostante possano godere di una seconda vita, trovando la loro utilità per qualcun altro.
Decide così di affittare uno spazio nella zona ovest di Amsterdam (il Fijnhout Theatre) per realizzare il suo progetto: un posto dove gli appassionati del fai-da-te possono mettere a disposizione le proprie competenze per riparare tutto quello che capita per le mani, letteralmente. Da qui, il nome repair café - una soluzione che può accomunare l’artigianato e il bisogno sempre più presente di evitare gli sprechi avendo come filo conduttore i princìpi del riuso, del riciclo e del riutilizzo. All’aspetto pratico, il repair café unisce anche un risvolto socio-culturale: diventa luogo di aggregazione e scambio.
Il baratto non è solo materiale e riferito all’oggetto ma riguarda proprio l’esperienzialità: i volontari che si impegnano nella gestione e attivazione dei repair café sono infatti persone anziane che scambiano le loro “competenze di vita” con i giovani.
È allora un ambiente dove le competenze teniche, la socialità attività e la condivisione entrano in un circolo virtuoso di rigenerazione: il dialogo così costruito va ad alimentare la macchina dell’artigianato e della manodopera che, non è necessario precisare, sono settori di punta dell’economia italiana.
CURIOSITÀ: RESTARTER PARTY & REPAIR CAFÉ
I Restart Party sono eventi organizzati tramite il web dove chiunque può portare computer, televisori, lavatrici, cellulari, smartphone rotti
per vedere se possono essere riparati.
I Repair Cafè, invece, sono luoghi fisici, veri e propri, dove portare qualsiasi oggetto, non solo elettrico e/o elettronico, perchè qualcuno li aggiusti o insegni all'utente a riparalo. La dinamica è quella della socialità e della condivisione, alla ri-scoperta del lavoro manuale e del fai-da-te.
Per scendere ancor più nello specifico, il repair café è una bella manifestazione di quel meccanismo che prende il nome di economia circolare che la Ellen McArthur Foundation definisce come “un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità". Secondo la definizione che ne dà la Ellen MacArthur Foundation, in un'economia circolare i flussi di materiali sono di due tipi: quelli biologici, in grado di essere reintegrati nella biosfera, e quelli tecnici, destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.” (Wikipedia, alla voce “economia circolare")
Bianca (@will_ita) racconta in questo breve video cos'è, come funziona e quali sono le nuove frontiere dell'economia circolare.
Il repair café diventa così allora il nemico numero 1 del consumismo e dell’obsolescenza programmata, fenomeno per cui l’elettrodomestico-o-chi-per-lui di casa perde valore e prestanza nel corso del tempo.
Ogni anno le tonnellate di rifiuti elettronici (REE) contano cifre spaventose: 50.000.0000 - pari al peso di 4.5000 tour Eiffel - e soltanto il 15/20% di questi viene riciclato.
Questo problema potrebbe essere facilmente evitato con della semplice manutenzione: ecco che qui entrano in gioco i repair café. Se la riparazione è l’effetto immediato, a corto raggio, a lunga prospettiva il repair café è anche una ottima soluzione che mira a scoraggiare la fabbricazione di nuove oggetti, l’acquisto continuo e compulsivo, l’estrazione di materie prime e lo spreco energetico (risorse ed emissioni di CO2 in primis) con i vantaggi per il Pianeta.
Così, accanto agli anziani appassionati del fai-da-te, è sceso in campo “Un esercito di sognatori” - come scrive Loredana Menghi in economiacircolare.com - “composta da smanettoni, ingegneri, elettricisti, patiti dell’informatica. Fra tè, birra e tanta buona musica, al grido di “Don’t despair, just repair” (Riparalo, non disperare), insegnano ai cittadini ad allungare la vita degli oggetti. E stanno contribuendo, con le loro campagne, a riscrivere (almeno in Europa) le normative su ecodesign ed economia circolare.”
L’ecodesign infatti è la la progettazione di un prodotto di un sistema, sociale o economico, nel rispetto dell'ambiente il cui intento è quello di "eliminare completamente l'impatto negativo sull'ambiente attraverso un design intelligente e sensibile" (McLennan J. F., The Philosophy of Sustainable Design, 2004), coinvolgendo i principi di manutenzione, riuso, riciclo e dematerializzazione del prodotto (o servizio) tramite le energie rinnovabili per ridurre così le emissioni inqunanti.
Tutte questo è possibile a partire dalla scelta dei materiali, analisi, studio e certificazione dei processi: a far da "contorno", accompagna la consapevolezza dell'impatto ambientale che hanno le nostre attvività umane.
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